Forse non tutti conoscono le origini di quella particolare esca artificiale costituita da una matassina di filato sintetico e definita “meciuda” micidale nella traina leggera alle nostre aguglie (Belone Belone). Si tratta infatti di un esca che viene da molto lontano e precisamente dalle acque del Pacifico dove presso le isole Salomone da millenni pescano le aguglie locali, appartenenti al genere Tylosurus, con un metodo davvero singolare ed originale.
Da quelle parti non dimentichiamolo sono anche nate le esche da traina ai grandi pelagici ricavati da osso e guscio di tartarughe, con filamenti di palma, etc. e quei popoli della Micronesia dimostrano come nei secoli siano riusciti ad elaborare tecniche davvero sofisticate per sfruttare al meglio le risorse del mare. Tutto però comincia nella foresta delle lontane isole del Pacifico dove una specie di ragno del genere Nephila tesse una grande ragnatela particolarmente resistente ed elastica, i pescatori locali prendono un bastoncino di legno lungo una quarantina di centimetri e ci avvolgono la ragnatela.
Poi sfilano la tela così avvolta dal bastoncino e ricavano per l’appunto una sorta di matassina che legano ad una lenza ricavata da un fitto intreccio di fibre vegetali ottenendo così una “meciuda” tutta realizzata con materiali naturali. Sin qui pur nell’originalità della realizzazione che sfrutta tutte le risorse disponibili in natura potremo dire che non abbiamo scoperto questa gran notizia, ma se
pensiamo che questi pescatori utilizzano la matassina con una traina ibrida, con l’utilizzo davvero geniale di particolari piccoli aquiloni realizzati in foglie di palma o altre foglie intrecciate; ogni arcipelago ha il suo modello preferito con forme diverse e sostanzialmente forse funzionali per reggere brezze più o meno sostenute e anche per adattarsi a diverse altre tecniche di pesca. Su un semplicissimo telaio formato da due cannucce flessibili a croce viene poi fissata la foglia, cucita con del filato vegetale. La pesca vera e propria si effettua a bordo di canoe rudimentali, ricavate ovviamente da tronchi d’albero lavorati e scavati, con le quali ci si reca nelle aree di mare dove è nota la
concentrazione delle aguglie, quindi si lancia l’aquilone al quale è collegato sulla coda lo spezzone che porta la matassina fatta con la ragnatela, questa effettua sull’acqua un movimento di tocca e non tocca praticamente a galla. E’ il volo indeciso dell’aquilone in aria che trasmette al rudimentale artificiale questo particolare andamento sulla superficie che non manca di attrarre irresistibilmente le aguglie. Quando una aguglia attacca l’esca rimane
intrappolata con i suoi dentini sulla tela e l’abboccata e la presa del pesce è segnalata dall’aquilone che scende verso l’acqua. A questo punto il pescatore recupera il pesce, lo libera tenendo tra i denti la matassina e strappando con forza ed è pronto per ripetere l’operazione appena descritta sopra.
Questa pesca con l’aquilone è diffusa in tutto il sud Pacifico presso quelle popolazioni che da sempre vivono di pesca e probabilmente è da qui che deriva poi il kitefishing dalla barca che tanto successo riscuote in certe zone degli U.S.A. per la pesca a sailfish e rostrati di medie dimensioni anche se in quest’ultimo caso vengono impiegate esche vive a galla. In fondo sempre di pesci armati di un lungo becco si tratta…anche se un pò più grandetti.
(Alcune immagini sono state tratte dal documentario della BBC dedicato appunto a questa tecnica di pesca, questo il LINK )
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