Anche se molti dei novelli yaker sicuramente non lo sanno , il Pirata Kayakero fu forse il primo a provare, e testare nel mare di Sardegna, circa una decina d’anni fa o poco meno, uno dei primi Hobie a pedali arrivati in Italia, un Outback con il sedile classico dal fondo schiena bagnato. Ci feci anche una piccola crociera dalla spiaggia di Portobotte, sino alla zona detta Puntetrettu, nella laguna di S.Antioco, alla ricerca di grosse spigole a traina leggera, mi ricordo ancora gli sguardi stupiti dei pescatori sotto il ponte di S.Antioco…
Pur in condizioni ottimali per il test, poco vento, acque calme, assenza totale di corrente, non ne fui particolarmente esaltato, pur riconoscendo degli indubbi vantaggi nel sistema a pedali, per la traina e per la gestione delle prede in genere. Ma quello che allora ci parve come una novità assoluta oggi è diventato la norma. Abbiamo ampiamente parlato su questo blog della moda dilagante dei “pedalò” inaugurata diversi anni fa dalla Hobie Kayak con le sue originalissime “pinne” mosse dai pedali. Da allora pare che sia proprio scoppiata in USA la “pedal drive fever” e tutte le aziende ormai fanno a gara pur di avere nel loro catalogo un modello mosso da un sistema di propulsione umana. Dalle pinne degli Hobie che adesso possono invertire anche la direzione del moto, al recentissimo Helix System brevettato da Wilderness, il PDL di Old Town o il Proppeller Drive di Native Watercraft e l’ultimo Flex Drive di Jackson, quasi tutti i più famosi costruttori di kayak fishing hanno il loro bravo pedalò. Ma siamo sicuri che si tratti di un assoluta novità? L’idea di progettare mezzi che si potessero muovere sull’acqua grazie ad un sistema di pedali non è così recentissima come potremo pensare.
Il 24 Agosto 1895 viene depositato in USA il brevetto con annesso disegno di un moderno velocipede marino, uno scafo centrale dotato di bilancieri laterali mosso da pedali, il telaio di una bicicletta in pratica adattato ad un sistema più o meno galleggiante.
Ancora nel 1895 la rivista “Illustracion Espanola y Americana” descrive una nuova barca inventata da Don Ramon Barea, di Madrid, che si dice navigasse sopra l’acqua con facilità e rapidità. Costruita con due scafi affiancati in acciaio, che fungono da galleggianti e collegati da traverse. Nello spazio tra i due, e vicino alla poppa, è una ruota a pale azionata da pedali, qualcosa come una bicicletta. Certo che non era leggerissima quasi 50 kg di peso totale ma che poteva raggiungere la velocità di circa sei miglia all’ora.
Precedente a tutta questa serie di velocipedi marini questo progetto brevettato il 23 Aprile 1889 dal suo inventore Seth Curlin, di Union City, Tennessee, vero e proprio antesignano di tutti i modelli di pedalò attuali con il complicato sistema composto da due ruote ai lati dello scafo mosse dal solito sistema a pedali.
Ancora precedente a questo è però il “velocipede galleggiante” brevettato nel 1870 da Carl Wederkinch ed Archibald Starkweather, di Boston, adatto come si vede dal disegno anche alle donzelle più avventurose e trasgressive. E ci fermiamo qui perché ci sarebbero tanti “aggeggi” più o meno fantascientifici realizzati in quegli anni in cui si aveva davvero voglia di proiettarsi verso il futuro. Poi c’è stata la grande recessione economica, un paio di guerre mondiali e in mezzo diversi conflitti “locali” e quelli che oggi, pur datati ed a volte risibil,i ci appaiono comunque come progetti “attuali” non ebbero ovviamente alcun seguito. Ci voleva il kayak fishing , quasi un secolo e mezzo dopo a farci “riscoprire” il fascino dei “pedalò.
(Disegni d’epoca da American Artifacts, issue 42, Jan/Feb 1999)